An injury to one is an injury to all
Recensione del libro “One big union” di Valerio Evangelisti, Mondadori, 2011
Per gli appassionati dei romanzi di Valerio Evangelisti, “One big union” rappresenta l’anello di congiunzione tra “Antracite” e “Noi saremo tutto”, completando così la trilogia del ciclo americano che, dalla guerra civile degli anni Sessanta dell’Ottocento, arriva fino agli scontri avvenuti a Seattle nel 1999, come debutto del movimento no global sulla scena internazionale. Per chi invece non dovesse essere un lettore affezionato, il romanzo è comunque una piacevole occasione per addentrarsi nella storia di uno dei soggetti più curiosi e particolari del sindacalismo americano di inizio Novecento: gli Industrial Workers of the World, soprannominati simpaticamente o con disprezzo wobblies.
Partendo da dove finiva “Antracite”, con la Comune di Saint Louis del 1877, e ripercorrendo le varie fasi evolutive di alcune importanti organizzazioni del movimento operaio americano, Evangelisti ci conduce, attraverso la storia personale di Robert Coates (protagonista del libro), nelle tappe e negli episodi principali che hanno costellato la strada di sangue e dure lotte da cui appunto nacquero gli Iww.
Fondati ufficialmente con un congresso nel 1905, con l’unificazioni di diversi soggetti preesistenti, i wobblies rappresentarono un doppio esperimento di rappresentanza politica e sindacale: da un lato, per l’eterno sottoproletariato ignorato dai socialisti e dalle organizzazioni sindacali riconosciute dalle istituzioni americane (come l’American Federation of Labor, Afl); dall’altro, per le categorie lavorative prive di rappresentanza e riconoscimento, nate in seguito ai cambiamenti avvenuti all’epoca nel mondo del lavoro: i lavoratori non specializzati o precari.
Chi erano infatti coloro ai quali gli Iww si rivolgevano? Disoccupati, immigrati, precari, braccianti, manovali a giornata, operai non specializzati, taglialegna, marinai, scaricatori di porto, vagabondi: ciò che gli valse il soprannome di “sindacato dei pezzenti”. Attualmente rimane un esperimento sindacale unico nel suo genere nella storia occidentale, soprattutto perché riuscito per almeno un ventennio: nonostante l’instabile e disgregata base sociale, i wobblies riuscirono ad organizzare grosse battaglie e campagne per i diritti sociali, la riduzione dell’orario di lavoro, un giusto salario e garanzie di occupazione. Tra vittorie e sconfitte, l’Iww rappresentò il principale nemico di industriali e governo, oltre che dei sindacalisti istituzionali dell’Afl, fino all’inizio degli anni Venti.
Il principio su cui si basavano era definito “sindacalismo industriale”, ovvero il riconoscimento della molteplicità dei gruppi lavorativi precari e senza specializzazione sotto un’unica categoria; il loro motto divenne “an injury to one is an injury to all”, per sottolineare l’estremo legame che sentivano ed erano riusciti a costruire tra gli emarginati dei processi dell’industrializzazione americana.
L’esperimento degli Iww alla fine fallirà per due motivi: le forti divisioni interne e la caratteristica disgregazione dei gruppi sociali di riferimento. Nonostante, infatti, esistano tutt’oggi, la storia dei wobblies termina negli anni Venti.
Così anche Evangelisti fa finire il suo racconto là dove inizia “Noi saremo tutto”: durante il 1919, anno di grande fermento e tensione sociale, quando per la prima volta compaiono coloro i quali diventeranno i nuovi nemici per le istituzioni Usa scalzando di fatto gli Iww nel ruolo di antagonisti sociali e politici: i comunisti.
L’idea degli Industrial Workers of the World sarà sconfitta, ma non senza una tenace resistenza. Studiare la loro storia significa cercare di comprendere le molteplici facce del sindacalismo americano e dei suoi oppositori: una realtà solo apparentemente simile a quella europea, ma molto diversa, la cui analisi storica può aiutare a interpretare correttamente quanto sta avvenendo oggi negli Stati Uniti e le caratteristiche dei movimenti di protesta americani che periodicamente riesplodono.
a cura di Elio Catania, Lapsus
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