DOSSIER NUCLEARE

Passato e futuro dell’energia nucleare

Nella storia dell’uomo, l’utilizzo pubblico (bellico o energetico) del nucleare fa la sua comparsa a partire dagli anni Quaranta, con le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche interne al “Progetto Manhattan”: un gruppo di fisici, tra i quali Enrico Fermi, lavorò per la realizzazione in laboratorio della prima reazione a catena controllata. Il progetto aveva scopi militari e, infatti, portò alla costruzione della bomba atomica, utilizzata dagli Usa contro il Giappone (Hiroshima e Nagasaki) per mettere fine alla guerra nel 1945. Successivamente, il presidente statunitense Eisenhower inaugurò il piano “Atom for peace”, basato sull’utilizzo pacifico e con lo scopo di soddisfare il fabbisogno energetico nazionale; tra il 1954 e il 1955 venne realizzata la prima centrale nucleare della storia. La tecnologia nucleare (che anche i sovietici, nel frattempo, stavano sviluppando rapidamente) si diffuse in molte aree del pianeta e, in breve tempo, la maggioranza degli stati aderenti ai due blocchi imitarono l’esempio delle due super potenze.

Non bisogna mai dimenticare che la ricerca civile sul nucleare e l’innovazione scientifica ha sempre avuto forti implicazioni militari e, nel periodo della Guerra Fredda, era necessario non solo sviluppare una solida autonomia energetica, ma anche portare avanti studi tecnico-scientifici per la superiorità bellica. Anche l’Italia si dedicò alla ricerca per lo sfruttamento del nucleare, fin dagli anni Cinquanta, e la prima centrale nucleare entrò in funzione nel 1964, seguita da altre due nei mesi immediatamente successivi; il Piano Energetico Nazionale (Pen) prevedeva la costruzione di numerosi impianti nei decenni successivi e la progressiva sostituzione delle altre fonti energetiche (nei limiti permessi dallo sviluppo tecnologico dell’epoca) con il nucleare. La crisi energetica del 1973-74 non fece altro che aumentare la percezione nell’opinione pubblica che la pianificazione proposta dal Pen fosse più che mai necessaria, nonostante i costi elevati, l’assenza di criteri di sicurezza nella realizzazione delle centrali e il forte scontento delle comunità locali nella cui zona era prevista la loro costruzione.

Il movimento “verde”, ecologista ed anti-nucleare, in Italia comincia a nascere soprattutto verso la fine degli anni Sessanta, anche in seno ai movimenti di contestazione studentesca, per poi distinguersi politicamente e assumere caratteri particolari durante gli anni Ottanta; è però solo in questo periodo che le rivendicazioni ambientaliste assumono forza e consenso: i grossi incidenti di Three Mile Island (Usa) nel 1979 e quello ancora più catastrofico di Chernobyl (Ucraina, allora Urss) nell’86, sommati ai problemi “minori” che nel corso degli anni stavano venendo alla luce, causati dai danni ambientali, per la salute e legati soprattutto allo smaltimento delle scorie, portarono una sempre maggiore diffidenza e ostilità nella popolazione. La svolta è rappresentata dai referendum del 1987, in cui gli italiani votarono a larghissima maggioranza (più dell’80%) per la chiusura delle centrali nucleari e orientando anche le scelte energetiche dei successivi governi in una direzione lontana dall’energia atomica. Oggi qual è la situazione? Di fronte all’affermazione e l’ascesa di nuovi paesi sullo scacchiere mondiale (es. Cina e India) e la conseguente crescita della domanda di energia mondiale ha spinto alla cantierizzazione di nuovi reattori nucleari; davanti al crescente pericolo rappresentato dall’effetto serra e con la diminuzione delle risorse petrolifere, con il conseguente aumentare del caro petrolio: si assiste ad un generale riavvicinamento al nucleare. La “fame energetica” mondiale non tiene però conto di una cosa: le fonti di uranio (materia base per il ricavo dell’energia nucleare) non sono illimitate; calcoli di esperti e istituzioni stimano che ce ne potrebbe essere per altri 100 o, forse, tenendo conto delle fonti non ancora trovate, 200 anni. Inoltre: i costi di estrazione e trasformazione in energia, già alti di per sé, tenderanno ad aumentare sensibilmente nei prossimi anni con l’aumentare del fabbisogno energetico internazionale; le centrali nucleari hanno costi di costruzione piuttosto elevati e tempi di smantellamento lunghissimi (per l’impianto di Calder Hall, in Inghilterra, chiuso nel 2003, i lavori dovrebbero concludersi intorno al 2115); la sicurezza e le scorie sono uno dei problemi più critici e ancora irrisolti: in un paese come l’Italia ad esempio, con un gran numero di zone sismiche, il pericolo di incidente è piuttosto elevato, mentre alla questione scorie e loro smaltimento (ci vogliono migliaia di anni prima che perdano la radioattività) si continua a rispondere con il loro invio in zone poverissime del terzo mondo. Inoltre, mai come oggi la ricerca scientifica “pacifica”, a scopi di utilizzo pubblico, si trova intrecciata con l’applicazione militare: il panorama geopolitico internazionale suggerisce che la questione energetica non sia solo economico-civile, ma anche legata a tentativi di affermazione come super potenza da parti dei più importanti protagonisti emersi negli ultimi dieci, vent’anni.
E’ innegabile però che il nucleare garantisca indipendenza energetica e rifornimento a bassissimo costo per milioni di persone, senza emissione di Co2 nell’atmosfera, mentre la ricerca sull’atomo continua a promettere un domani la “fusione a freddo”, che risolverebbe  il problema delle scorie, e lo sfruttamento di quei giacimenti con bassa concentrazione di uranio, da cui oggi non si estrae perché non conviene. Ma per quanto può resistere questo sistema? Nel medio periodo è sicuramente il metodo migliore per tamponare le crisi energetiche causata dall’azzerarsi dei combustibili fossili e delle altre fonti di energia tradizionali; ma un’alternativa deve essere trovata prima di finire stritolati. Purtroppo, le cosiddette “fonti di energia rinnovabile” (solare, eolico, idrico) attualmente non sarebbero scientificamente in grado di aiutarci: alcuni (troppo pochi ancora) intravedono però nello studio di tale campo l’unica soluzione per il futuro di un pianeta pressoché svuotato e prosciugato.

Riferimenti bibliografici e sitografici:
www.archivionucleare.com
www.ecoage.com
www.zonanucleare.com

Virginio Bettini e Giorgio Nebbia “Il nucleare impossibile”, Utet 2009

a cura di Elio Catania, La.p.s.u.s.

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Martino Iniziato

Laureato in scienze storiche presso l’università degli studi di Milano con una tesi su Ronald Reagan, ha imparato a fare siti internet quasi per gioco e lo ha trasformato in un quasi-lavoro. Un po' giornalista, un po' cameriere, un po' promotore d'eventi culturali è tra i fondatori dell'Associazione Lapsus e si rivede molto nella definizione springstiniana di "Jack of all trade": tuttofare. Tra le altre cose, è il curatore di questo sito per conto di Tanoma.it. Su twitter è @martinoiniziato

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