La “marcia dei quarantamila”: alle origini di un’epoca

L’Italia di fine anni Settanta vive un periodo di transizione politica e culturale, in cui alcuni dei processi avviati negli anni precedenti si concludono o giungono a una svolta. Alle politiche del ’79, il Partito comunista guidato da Berlinguer subisce una severa retrocessione elettorale, scendendo dal 34,4% del ’76 al 30,4% perdendo più di un milione di voti, soprattutto tra i suoi gruppi sociali di riferimento. Il compromesso storico, a seguito della morte di Aldo Moro e delle successive scelte democristiane, si è esaurito e il partito di Berlinguer ricerca una nuova strategia politica, incentrata sulla rinnovata opposizione alla Dc e sull’alleanza con il Psi, in un’ottica di «alternanza democratica»; la maggioranza socialista, però, bloccherà ogni tentativo di accordo coi comunisti, lasciando di fatto il Pci in una nuova fase di stallo.

Anche nel mondo del lavoro si assiste a mutamenti significativi: la spinta propulsiva dell’Autunno caldo e delle proteste operaie, che aveva caratterizzato gli anni Settanta, si sta rapidamente consumando: ciò è evidente sin dal calo degli iscritti alle organizzazioni di categoria, poi nella diminuita partecipazione dei lavoratori alle attività sindacali e nella sempre crescente debolezza con cui i sindacati (Cgil e Cisl soprattutto, guidati rispettivamente da Lama e Carniti) si oppongono alle iniziative degli industriali. Fin dal ’79, inoltre, la Fiat aveva promosso una feroce campagna antisindacale: utilizzando come pretesto il pestaggio di 19 tra manager e capisquadra da parte di gruppi legati all’Autonomia operaia, l’azienda licenziò 61 operai con l’accusa di appartenere all’ala estrema e violenta del sindacalismo di sinistra; tra i lavoratori coinvolti, una parte era legata all’Autonomia operaia, ma molti erano attivisti politici e sindacali protagonisti delle battaglie degli anni precedenti, ben lontani dalla violenza e soprattutto dal terrorismo. I sindacati diedero solidarietà ai licenziati, ma non seguì nessuna particolare e incisiva azione di protesta.

Il culmine di queste iniziative industriali, proseguite per tutto l’anno successivo, venne raggiunto nel settembre 1980: l’8 la Fiat (il cui amministratore delegato era diventato Cesare Romiti) decise, per esigenze produttive, una cassa integrazione di 15 mesi per 24.000 tra operai e impiegati, inclusi moltissimi esponenti della sinistra sindacale; tre giorni dopo, l’azienda annunciò il licenziamento immediato di più di 14.000 lavoratori. I Consigli di fabbrica e la confederazione sindacale indissero subito lo sciopero generale a oltranza e il blocco delle fabbriche, che furono presidiate dagli operai. Il confronto proseguì in un estenuante muro contro muro da cui sembrava impossibile uscire, nonostante la mediazione del governo. Il 25 settembre Berlinguer si recò a Torino, davanti ai cancelli di Mirafiori e promise ai metalmeccanici il pieno sostegno del Pci, «logistico e organizzativo» anche in caso di occupazione, «perché possiate durare un’ora di più rispetto all’intransigenza Fiat», come disse il segretario comunista. Parole dai risvolti imprevisti, apprezzate da alcuni, criticate dai più, in ogni caso interpretabili come il segno evidente che quello scontro non era solo sindacale, ma riguardava anche il futuro politico del Paese. Il 27 di settembre, Cesare Romiti dichiarò la sospensione dei licenziamenti e la messa in cassa integrazione a zero ore dei 24.000 lavoratori per soli tre mesi: questa mossa spaccò il movimento operaio tra i favorevoli all’accordo (che crebbero nei giorni successivi), concordi coi dirigenti e i quadri intermedi, e i contrari (progressivamente isolati). Il 14 ottobre, dopo 34 giorni di sciopero, venne convocata un’assemblea del Coordinamento capi e quadri Fiat, al termine della quale un grande e anomalo corteo invase le strade di Torino, circa 30-40.000 persone tra impiegati e quadri dell’azienda automobilistica. L’impatto mediatico e politico fu enorme. Il giorno seguente gli operai del Consiglio di fabbrica e i dirigenti sindacali della Cgil, ammettendo la sconfitta, scelsero di concludere lo sciopero accettando il diktat della Fiat.

Gli studiosi e gli osservatori del periodo, storicamente così vicino al nostro, sono quasi unanimemente d’accordo nel ritenere che dopo il 15 ottobre 1980 la forza del sindacato è entrata definitivamente in declino e il suo stesso ruolo nel conflitto sociale è stato molto meno incisivo rispetto al passato. Quel giorno segnò la fine del protagonismo operaio e l’inizio di un periodo di silenzio e debolezza del mondo del lavoro, dettati da quella che i cronisti ribattezzarono «pax romitiana». Sono infatti gli anni Ottanta il punto d’inizio della cosiddetta «Rivoluzione liberista», con tutto il peso delle riforme dei rapporti lavoratore-azienda e pubblico-privato, a cui i sindacati e le forze politiche di sinistra non seppero opporre niente di convincente. Sicuramente l’ondata inflazionistica e i problemi critici dell’economia richiedevano un mutamento dei meccanismi di organizzazione del mondo del lavoro, ma la debolezza del sindacato e al contrario la forza preponderante di posizioni politico-economiche liberiste (in ascesa dal 1980 in poi: non dimentichiamo il ritorno al potere dell’ala ultra-conservatrice del Partito repubblicano statunitense con l’elezione di Reagan alla presidenza) avviarono sicuramente un’epoca nuova nella gestione delle questioni lavorative, in cui la bilancia della forza contrattuale era nettamente sbilanciata a favore degli imprenditori. Al di là dei giudizi di merito, è indubbio che per capire le ragioni storiche dei metodi con cui, oggi, si cerca di risolvere i conflitti sociali, cresciuti anche e soprattutto a causa della Recessione scoppiata nel 2007, e per provare a delineare un quadro futuro di quello che attende i lavoratori del nostro Paese, è indispensabile considerare la «marcia dei quarantamila» come punto di passaggio obbligato da cui non si può prescindere.


Bibliografia e sitografia utile


Luigi Arisio, Vita da capi. L’altra faccia di una grande fabbrica, ETAS libri, Milano 1990.

Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi. Società e politica 1943-1988, Einaudi, Torino 1989.

Giampaolo Pansa, Cesare Romiti, Questi anni alla Fiat, BUR, Milano 2004.

Piero Perotti, Marco Revelli, Fiat autunno 80. Per non dimenticare, Centro di ricerca e iniziativa comunista, Torino 1986.

Gabriele Polo, Claudio Sabattini, Restaurazione italiana. FIAT, la sconfitta operaia dell’autunno 1980. Alle origini della controrivoluzione liberista, Manifesto libri, Roma 2000.

http://www.lastoriasiamonoi.rai.it (puntata dedicata alla vicenda)

http://www.repubblica.it (archivio articoli)

a cura di Elio Catania, Lapsus

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Martino Iniziato

Laureato in scienze storiche presso l’università degli studi di Milano con una tesi su Ronald Reagan, ha imparato a fare siti internet quasi per gioco e lo ha trasformato in un quasi-lavoro. Un po' giornalista, un po' cameriere, un po' promotore d'eventi culturali è tra i fondatori dell'Associazione Lapsus e si rivede molto nella definizione springstiniana di "Jack of all trade": tuttofare. Tra le altre cose, è il curatore di questo sito per conto di Tanoma.it. Su twitter è @martinoiniziato

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