“La revolucion bonita”. Intervista all’autore Angelo Zaccaria

1 marzo 2012
14:30, Auletta A
Università Statale di Milano
Via Festa del Perdono, 7

presentazione del libro

La revolucion bonita

Viaggio a tappe nel Venezuela di Hugo Chávez
Colibrì edizioni, 2011

di Angelo Zaccaria

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“La revolucion bonita” libro in realtà diario di viaggio, in cui Angelo Zaccaria annota pensieri idee e suggestioni sotto il sole di Caracas. Viaggio in Venezuela e nel processo Chavista, soliloqui ed interviste a chi del progetto fa parte e chi nella nuova società ci crede. Gog è scettico.
Chávez incontra la sua nazione dai microfoni di “Alo Presidente” da ormai quindici anni. E il 2012 è anno di elezioni, il Presidente dovrà dimostrare su un piano geopolitico internazionale in divenire e su un piano interno mai cementificato cos’è il chavismo e chi ne è il suo propulsore.
Il leader o il popolo, chi guida la rivolucion bonita?
Anche nei palazzi di Caracas dalle luci sempre accese si sente quel vento del Mar di Caribe che spesso fa tremare fino alle ossa il generale Zacarias nel “L’autunno del patriarca” del divino Gabriel García Márquez?

INTERVISTA ALL’AUTORE ANGELO ZACCARIA

Il suo viaggio inizia nel 2005 e attraverso diverse tappe, arriva alla raccolta e pubblicazione di esperienze dichiarazioni raccolte in tre anni di studio.

1-La prima domanda che voglio farle è dà dove nasca l’interesse per il processo politico degli ultimi dieci anni del Venezuela.
Nasce dal fatto che si tratta di un paese che è la quarta economia Sud America, quinto paese esportatore di petrolio, detiene metà di tutto il gas del sub continente e quindi quello che accade in un paese del genere è importante. Quello che ha aumentato l’interesse è stata la svolta del 2005, quando il presidente Hugo Chávez lancia questa proposta del “socialismo del XXI secolo”. Un pese di queste caratteristiche, di questa importanza, che dichiara di voler andare verso un sistema economico alternativo al capitalismo in una forma originale, senza rivendicare modelli specifici, compreso quello a loro più vicino, quello cubano e che lo fa dentro un meccanismo che è totalmente costituzionale a democrazia rappresentativa, dove questo governo si è insediato vincendo le elezioni ed ha continuato a rimanere al governo vincendo le successive. Checché ne dica la stampa faziosa e superficiale, su questo governo che si può criticare per tante ragioni sono elezioni ma non certo per la non legittimità; queste elezioni vengono monitorate costantemente da vari organi internazionali. L’interesse è quindi sostanzialmente questo, un paese importante, dove dicono che vogliono costruire il socialismo del ventunesimo secolo, dove pronunciano questa “bestemmia” , perché tale è nel sistema politico globale l’idea che ci possa essere un regime alternativo che non sia di tipo repressivo (come ad esempio la repubblica islamista) e che oltretutto lo fa rimanendo dentro il quadro della democrazia rappresentativa non negandola ma allo stesso tempo cercando di superarla. Questi sono quindi gli ingredienti che hanno costituito il mio interesse e che sono condensati nel titolo.
1b-Una mia curiosità, come mai ha deciso di pubblicare le dichiarazioni a sette anni dalla loro raccolta?
Il primo viaggio doveva essere anche l’ultimo, a cui sarebbe seguita la pubblicazione del libro. Poi per varie vicende personali il tutto si è ritardato e a quel punto c’è stato un secondo viaggio nel 2008 per aggiornare il materiale che avevo e per fare quindi un lavoro più aggiornato completo ed attualizzato. Il lavoro ne è divenuto più corposo perché è divenuto espressione di un soggiorno di circa sette mesi nell’arco di tre anni e con un numero di interviste di personalità interne al processo, molto spesso dell’area un po’ critica del blocco che appoggia chavez, ovvero rappresentanti di quella sinistra chavista che pur stando nel processo ne rivendica la radicalizzazione. Nella seconda parte riporto anche punti di vista dell’opposizione di destra, non li intervisto ma faccio dei resoconti dei nostri dialoghi; dando anche un ulteriore elemento di arricchimento del lavoro cercando di includere tutti gli umori del paese compresi quelli che si oppongono al processo da destra.

2- Penso che in ogni esperienza geopolitica siano presenti particolarità uniche e irripetibili sia sincornicamente che diacronicamente. C’è da dire però che ogni esperienza umana spesso ricorda tutte le altre possibili. Di cosa è rappresentativo il Venezuela ed il percorso boliviano? Si inscrive maggiormente del processo di autogestione delle nazioni definite un tempo “terzo mondo”, o è invece il più emblematico riproporsi di processi populisti già verificatesi in Europa in quelli che sono gli anni zero del secondo millennio?
È un processo che rientra dentro un processo storico proprio dell’America Latina che vede fenomeni di nazionalismo progressista e populista con un ruolo importante del militari. Ci sono state già in Sud America esperienze di governi di questo tipo capeggiate da militari (penso ad Alvarado in Perù). Diciamo che il Venezuela si inserisce processo di lungo periodo. Il Venezuela in qualche modo è anche dentro un ciclo storico che si apre con il muro di berlino da una parte e la sconfitta delle guerriglie da un lato; l’89 ed il 91 riaprono i giochi della storia riportando alla ribalta una problematica paradossale e macrostorica in un continente con 400 milioni di abitanti, ricchezze naturali energetiche floro-faunistico enormi; una terra sottopopolata e con un surplus di ricchezza in cui la povertà non avrebbe ragione d’esistere. Ed è chiaro che se esiste esiste perché c’è un problema di sistema, che consiste nel ruolo che per decenni è stato dato a questo territorio, ovvero di esportare materi prime a bassissimo costo. Quindi la riapertura è delle danze è legata all’antecedente, almeno sul piano continentale, alle rivolte zapatiste del 1994 in cui riemerge sulla ribalta globale un nuovo ciclo storico. In Venezuela c’è una specificità loro locale, individuabile nell’antecedente storico riconosciuto da tutti come fondamentale del processo bolivariano, ovvero la rivolta del caracazo nel febbraio dell’89. Una delle prime grandi rivolte contro le politiche neoliberali e che lascia un saldo di morti a tuttora non del tutto quantificato ( si parla comunque di alcune migliaia di morti) e che ha dato la scossa all’apertura di una fase politica che già dall’83 era iniziata nel primo embrione costituito dal Movimento Revolucionario Bolivariano-200 che è il primo embrione del movimento di militari nazionalisti progressisti legati a Chávez che si propone di sviluppare un movimento con l’obbiettivo di dare al pese con una nuova costituzione, di restituire al paese la sua sovranità e di lottare contro la corruzione. questa embrione che nasce nelle caserme dell’esercito ha una sua punto di svolta col caracazo per l’impressione enorme che lascia nel paese, e non a caso di lì a poco avverrà il colpo di stato del ‘92 ad opera di Chávez ed altri militari con la partecipazione di alcuni settori della popolazione civile; colpo di stato che fallisce rapidamente ma che lascia dei semi, nel senso che Chávez dopo due anni esce di galera per una amnistia e fonda il Movimento Quinta Repubblica (MVR) che concorre alle elezioni nel ’97 vincendole.
Venezuela sta in questo processo storico e la sua rilevanza geopolitica di quello che accade in Venezuela è indiscutibile, non solo perché stiamo parlando di un paese che si pensa abbia le maggiori riserve di petrolio mondiali (e molte zone non sono neanche state scandagliate) strategicamente cruciale, a nord affacciato sul Mar Caribe e non lontano da Panama, con il resto del pese che confina con l’area amazzonica che è un’altra area molto importante per gli appetiti per le risorse che custodisce. Un paese demograficamente importante, con 28 milioni di abitanti, prevalentemente urbano. Quindi tutto ciò che ci accade ha importanza apolitica per tutto il continente.

3-Cosa conta di più nel movimento bolivarista: nazionalismo o socialismo?
Se dobbiamo dirla tutta il nazionalismo è il collante più profondo. Del socialismo non é stato ancora definito questo nuovo “socialismo del secolo ventuno”, esistono come in tutti i blocchi di una certa rilevanza diverse anime: un’anima militare, civile, religiosa, realtà sindacale, contadina, classe media…esiste quindi una dialettica ampia fra una componente più moderata che guarda ad una sorta di nazionalismo progressista riformista che in qualche modo dovrà arrivare ad una sorta di compromesso con quelli che sono i centri politici di potere globale. Quella che loro chiamano “Derecia endogena” e che costituisce la parte più moderata del processo. Qualcuno dice parte moderata guidata non solo da dinamiche ideologiche ma anche di carattere economico, connessa a quella che viene chiamata la Boli-Borghesia, ovvero quel gruppo di esponenti bolivaristi (circa un centinaio) che stando all’interno del processo e ricoprendo cariche importanti si sono arricchiti. Questo perché stiamo parlando di un paese che ha alcune caratteristi che storiche importanti; primo un paese in cui il livello di corruzione è sempre stato molto elevato, per niente secondario ne collaterale. Problema storico che è stato uno dei cofattori della crisi sociale ed economica che ha spianato la strada all’avvento del chavismo. L’altro fattore che determina la formazione di questa borghesia bolivariana sta nel fatto che essendo un paese a economia petrolifera c’è una altissima circolazione di denaro a controllo governativo. Altro problema è la burocratizzazione, nella creazione di uno strato burocratico che da sempre è il maggiore problema di tutti quei processi di rinnovamento quando raggiungono la forma statale. Questo per quel che riguarda la componente moderata.
Esiste poi una componente frammentata ma vasta, la sinistra bolivariana, e che ha le proprie radici all’interno di un’ampia rete di movimenti: comitati terra urbana con i quartieri di edilizia informale, realtà contadine importanti legati al chavismo, movimenti sindacali, femminili, studentesche, volontariato all’interno delle missioni del governo, attivate in vari settori dalla sanità all’educazione e finalizzati al sostegno della popolazione più debole e che mobilitano, con l’idea di costruire una sorta di stato parallelo utilizzando quelle che sono le risorse che vengono dal petrolio, militanza sociale organizzata. Questa sinistra movimentista bolivariana più socialista si contrappone alla destra riformista nazionalista e ne rivendica una radicalizzazione ed un approfondimento del processo stesso. Ad esempio rivendica il fatto che le fabbriche vengano totalmente espropriate, e che la gestione si affidata ad assemblee di lavoratori, spingendo verso l’adozione di una economia di tipo collettivista.
Al centro del bolivarismo, collante garante architrave che permette che tutto questo magma non imploda: Chávez. Per quello che è il sistema fortemente presidenziale che caratterizza le costituzioni statali del Sud America e per quello che è la figura stessa del presidente Chávez. Da quello che ho potuto arguire, parlando coi le differenti persone conosciute, è una figura considerata in buona fede, che crede in quello che dice. Ciò non vuol dire che non farà degli errori, è una personalità permeabile, che sente gli umori dei movimenti di base e spesso se ne lascia condizionare. All’interno del marasma molto composito Chávez ne è il perno e garante dell’unità, se c’è un argomento che accomuna tutte queste correnti questo è il riconoscimento della leadership di Chávez e l’accusa di corruzione e sabotaggio del processo, tradimento della rivoluzione alla classe politica burocratica. Ambivalenza di tutto il processo e in tutto il processo.

4- Chávez ha avuto nella sua parabola politica una stretta vicinanza a quelli che sono i leader del partito cubano. Cubani sono i medici nelle missioni, cubani i maestri ed i libri usati in Barrio Adentro. Cuba gode di prezzi di favore per quello che è il greggio estratto in Venezuela. Il presidente venezuelano segue cure chemioterapiche a La Havana. Com’è cambiato il rapporto con l’avvicendamento dei fratelli Castro?
In Venezuela il sistema è liberale ed il 70% dell’economia nazionale, la costituzione garantisce la proprietà privata e la libera iniziativa economica; esistono dei limiti posti a essa , come ad esempio la possibilità costituzionale data al governo di espropriare aziende ritenute inattive qualora il proprietario si rifiuti di riattivarle e qualora siano dichiarate di interesse nazionale. Mentre il problema attuale di Cuba è liberalizzare, il problema del Venezuela è l’opposto, nazionalizzare o collettivizzare (secondo quello che chiede la sinistra). Esiste su questo tema, nazionalizzazione, collettivizzazione e controllo pubblico dell’economia, un vastissimo dibattito in Venezuela, come ad esempio la contestazione sulla autogestioni di fabbrica portata avanti da una corrente sindacale trotzkista del chavismo che spinge per l’adozione di un modello consigliarista. Esiste poi l’altra posizione, quella colta anche dal governo stesso, che vede nelle assemblee dei lavoratori, costituiti spesso in cooperative, degli attori importanti che spesso esprimono anche alcuni dirigenti delle fabbriche stesse ma sottoposti comunque a quello che è il ruolo forte del governo e dei ministeri competenti in materia. Durante i miei incontri coi gruppi sindacalisti trotzkista mi è stato spesso riferito che l’opposizione più forte ai consigli di fabbrica per una forte direzione statale veniva proprio da esponenti cubani, secondo quello che è il modello cubano a sua volta ispirato da quello sovietico.
Il rapporto con Fidel per Chávez è sempre stato un rapporto importante, fin da quando nasce dopo la scarcerazione di Chávez nel ’94. Come riportano le biografie del presidente venezuelano, l’incontro con i testi di sinistra, con gli scritti marxiani guevariani si colloca nella sua giovinezza, ha un fratello maggiore che militava in un partito dell’estrema sinistra venezuelana. Dopodiché la sua coscienza politica è in divenire, quando esce dal carcere non è completa. Una delle critiche che gli vengono spesso rivolte riguarda il suo primo viaggio all’estero dopo l’uscita dal carcere va in Argentina a incontrare i carapendades, militari golpisti che si erano opposti a tutte quelle leggi e quei tentativi politici volti a dar giustizia ed individuare i colpevoli di 30 mila desaparecidos durante gli anni della dittatura. Quindi quando esce di prigione è ancora su posizioni eclettiche, il programma con cui si presenta alle lezioni del ’97 non era un programma socialista ma più che altro nazionalista progressista e giustizialista. Sicuramente nell’evoluzione del suo pensiero politico il rapporto con Fidel Castro influisce. Prima ancora della sua elezione riceve credito da Fidel, già nel suo viaggio a Cuba durante la campagna elettorale Castro lo accoglie come un capo di stato. Un altro ruolo impostante che hanno avuto i cubani, oltre a fornire il personale per le missioni governative (soprattutto per quelle più strategiche quali quelle sanitarie) secondo alcuni avrebbero di fatto suggerito questa istituzione. Sono infatti varate nel 2003, dopo il fallito colpo di stato ai danni di Chávez del 2002, e non è casuale questo. Il fallito golpe aveva di sicuro segnato alcuni elementi di debolezza del processo, in tema di consenso e radicamento; si è trattato del più breve colpo di stato della storia dei colpi di stato in Sud America (48 ore) però sicuramente ha evidenziato dei punti di debolezza del processo ai quali si è cercato di porre rimedio anche con le missioni proprio sulla salute. Poi viene la questione dei materiali didattici di matrice cubana usati nella missione Robinson (che ha interessato la prima alfabetizzazione per circa un milione di adulti)..oltre alle critiche mosse da qualcuno sulla inefficacia di un corso per imparare a leggere e scrivere della durata di alcune settimane, esistono delle critiche sui materiali usati dai cubani in queste missioni, troppo disciplinari e che si sposerebbero meglio con il sentimento nazionale cubano più statalista rispetto a quello più “anarcoide”del venezuelano tipo. Al di là degli aspetti più collaterali della questione, quello che va detto è che sicuramente il chavismo da Cuba ha preso alcuni aspetti fondamentali come: il nazionalismo e l’antimperialismo statunitense e la politica neocoloniale e neoegemonici di questi, di ripresa di controllo di questo continente che negli ultimi quindici dieci anni è scappato di mano…da Cuba viene il modello delle missioni sanitarie e delle politiche sociali, usato come fattore di consenso e di identificazione di un nuovo modo di gestire la società ed il denaro pubblico.
In fondo però non si può certo parlare di un appiattimento sul modello cubano, perché su alcune questioni nodali il Venezuela non ha mai ceduto alla tentazione di adottare modelli estranei alla propria cultura. Non a caso il sistema venezuelano è rimasto pluripartitico a elezioni libere e frequenti che sono scelte coerenti con la struttura stessa della società venezuelana. Cuba ha avuto la sua rivoluzione nel 1959 in una società più “semplice” e che usciva da una dittatura sanguinaria qual quella di Batista…il Venezuela del duemila è una società variegata, con una corposa società urbana e un ceto medio presente nell’imprenditoria commercial industriale spesso radicata nelle comunità di origine europea. Ci sono 5 milioni di elettori che votano antichavista..quindi una società in cui il modello alla cubana si sarebbe potuto imporre solo con una guerra civile..e qui torniamo al termine “rivolucion bonita”.

5-Povertà emarginazione e lavoro: nel suo libro cita fonti del INE (Istituro Nacional de Statistica) che danno la povertà media a Caracas e nel pese in calo dal 1998. Come mai sceglie questa fonte? Gli organi internazionali rivelano che più della metà della popolazione vive in stato di indigenza e che i fondi destinati alle politiche alimentari sono troppo legate alle oscillazioni del prezzo del petrolio per garantire una vera e definitiva emancipazione di queste persone dalla dipendenza dalle mense.
Il dato sulla povertà oltre che dall’INE è confermato e veicolato da soggetti latinoamericani come il cepaL. I dati indicano una diminuzione della povertà estrema e delle differenze di redito, aumento dell’accesso a tutta una serie di prestazioni. E’ vero quello che dici, è un paese fortemente polarizzato, dove tutto è messo sotto discussione e dove anche i dati statistici subiscono differenti interpretazioni. Ci sono centri di studi vicini all’opposizione, soprattutto delle più antiche università, veri bastioni di antichavismo, come l’Universdad Central de Venezuela, questi forniscono dati diversi su povertà e criminalità (altro grande problema, con oltre 13 mila morti violente all’anno). L’opposizione dichiara che la criminalità è aumentata.. Comunque mi sono limitato a riportare dati e ad evidenziare le incongruenze e le differenze fra questi e altri dati forniti da differenti organi; questo è anche significativo del clima stesso del paese, della polarizzazione delle posizioni. Aggiungo che il libro non è un saggio, non ne avevo il rigore metodologico per comporlo. Esistono nelle pagine molti punti di domanda, molte domande se si sia davanti a una innovazione o a propaganda; c’è da dire che la concordanza di dati alla fine è accertata fra quelli ufficiali e quelli sudamericani.
Per quanto riguarda la questione dei fondi per le missioni, uno dei fattori che ha rallentato la piena riuscita dei propositi delle missioni stesse nonostante gli investimenti fatti. Il Venezuela è il paese Sud Americano con la più alta inflazione, ruotante attorno al 30%, più alta proprio nel settore dei beni alimentari. Questo è espressione di una economia squilibrata che importa troppo e con una scarsa autonomia, importa la maggior parte dei beni alimentari e di quelli di consumo, anche perché l’industri venezuelana è soprattutto di tipo energetico estrattivo. C’è anche la denuncia del governo di politiche di tipo speculativo messo in atto dal circuito di ridistribuzione in mano a ambienti antichavisti aventi l’obbiettivo di mettere in crisi il governo e per dimostrarne l’inefficienza economica.

6-Le maggiori testate giornalistiche occidentali, come spesso accade si interessano al fenomeno politico solo quando questo irrompe sulla scena mediatica. Per quel che riguarda Chávez, iniziarono ad interessarsi al fenomeno Chávez quando il presidente annunciò la nazionalizzazione del settore petrolifero, ad oggi il 51% delle azioni appartiene allo stato venezuelano ed il 49% in misura variabile a Texaco Total Repsco…il 65% del suo petrolio è acquistato dagli usa, equivalente al 10% del petrolio annuo acquistato dagli States. Si potrebbe quasi parlare di un monopsolio Usa.
Quanto sono reali le critiche che Chávez nel suo domenicale “alo presidente” rivolge a “quelli del nord”?

Nel mio libro non a caso parlo dell’ambivalenza come carattere fondamentale di tutto il processo venezuelano. Da un lato le critiche di Chávez ai paesi capitalistici del nord sono espressione della linea politica del suo governo, nel solco del nazionalismo, dell’anticolonialismo e del latino americanismo. Dall’altro lato, sfrondando molta della retorica e della tendenza alla propaganda tipica di un paese molto polarizzato politicamente e pressoché in campagna elettorale perenne, è vero che il governo è molto più “realista” di quanto non voglia apparire: il debito estero si paga; le multinazionali continuano ad avere un ruolo importante nel settore energetico anche se subendo maggiori oneri, vincoli e controlli; gli USA continuano ad essere di gran lunga il maggiore acquirente del petrolio venezuelano.

7-Si fa riferimento spesso all’ambientalismo del movimento, nello stato delle Apure si estende l’llanos , ecosistema caraibico unico in cui savana e foreste si estendono per 28 milioni di ettari, il proposito governativo è quello di ridistribuirlo a cooperative agricole per alleviare la pressione demografica del proletariato agricolo su Caracas…è noto che è l’agricoltura di sussistenza e a scala ridotta quella che permette l’emancipazione alimentare, cosa ne pensano i venezuelani che lei ha incontrato? I contadini degli stati centrali di pianura?
Ho trascorso la maggior parte del mio tempo in Venezuela in ambienti urbani, e non ho conosciuto ho intervistato contadini…pertanto non posso rispondere. Posso solo dire che i piani di sfruttamento minerario e carbonifero, e la costruzione di elettrodotti verso il Brasile, hanno prodotto e producono conflitti con le comunità locali, indigene e non, che subiscono l’impatto ambientale di questi progetti.

8-Nel libro, per quel che riguarda le testimonianze raccolte nel 2005, si parla di espropri di terreni incolti o lasciati a latifondo. Sono molti i casi nei tribunali venezuelani però che vedono ricorsi di agricoltori contro l’esproprio statale; la proprietà viene riconosciuta se esistono atti al catasto depositati nell’anno 1821, ovvero inizio del governo i Bolivar.
La riforma agraria è stata applicata solo in parte. Non solo restano terreni incolti ancora da espropriare, ma in altri casi all’esproprio ed all’affidamento alle comunità organizzate dei contadini, non sono seguiti gli ulteriori necessari passaggi della fornitura, da parte del governo, di tutti i necessari supporti di tipo finanziario, tecnico e logistico. Inoltre quello agrario è tuttora il settore dove più violento è lo scontro fra gli attori del cambiamento e quelli che vi si oppongono. Dall’arrivo di Chávez al potere circa 300 attivisti delle campagne son stati assassinati in risposta alle lotte da essi promosse. Mi manca infine il dato aggiornato dell’ ammontare complessivo dei terreni espropriati ed affidati ai contadini, sul totale dei terreni incolti presenti in Venezuela. Il problema a cui si fa riferimento della certificazione legale della proprietà dei terreni, è presente storicamente in Venezuela, anche nei contesti urbani in relazione ai terreni occupati per costruire baracche e simili. Molti proprietari ufficiali, non hanno titoli validi di proprietà, e quindi sono di fatto ed a loro volta degli occupanti abusivi.

9-Chávez viene dai corpi dell’esercito. Nel libro stesso viene rilevata la tendenza a porre ex commilitoni di Chávez nei luoghi statali di comando e nei suoi gangli periferici. Che ne pensa?
Nel libro ne parlo abbastanza. Penso sia un dato del tutto interno alla storia del paese ed alla sua tradizione politica. Non scordiamo che la maggior parte dei presidenti venezuelani dall’indipendenza sino alla caduta della dittatura nel 1958, son stati dei militari. Credo che la sovra rappresentazione politica dei militari è la conseguenza di molteplici fattori: presenza sin dagli anni ’60 fra i militari di correnti nazionaliste e progressiste, le quali con Chávez nel 1997 vanno a coprire un vuoto politico che si era creato dentro un sistema di consenso e di governo in crisi profonda; tendenza di Chávez a fidarsi dei militari perché in fondo quello è il mondo dal quale proviene; necessità di alimentare e tenere in piedi un apparato istituzionale, politico, elettorale e propagandistico, in grado di garantire la sopravvivenza del processo, e quindi anche di sostenere e vincere le continue campagne elettorali che vedono impegnato il governo. Non credo che l’eccessiva presenza dei militari nelle alte sfere dirigenziali del processo sia un fatto positivo, e credo che se il problema fosse garantire la lealtà dei militari e scoraggiare tentazioni golpiste, un governo in carica avrebbe anche altri strumenti per farlo.

10-che il governo chavista si uno degli esempi più “scolastico-manualistici“ di populismo è abbastanza intuibile. Nella costituzione boliviana approvata nel primo governo Chávez, vennero introdotte norme “innovative”. Ad esempio: il presidente controlla la Commissione difesa del Senato la quale nomina i più alti militari, i quali vengono posti come gestori delle imprese principali quando queste vengono nazionalizzate.
Al Congresso Bicamerale è stata sostituita l’Assemblea Nazionale unicamerale, la quale, per maggioranza semplice, nomina i giudici che agiscono sul territorio.
La maggioranza è inoltre garantita da una mancanza di contributi alla campagna elettorale dei partiti e dal sistema “morocha” fra i due partiti maggiori (podemos e mvr). Denuncie di brogli vengono sempre smentite dal Consiglio Nazionale Elettorale (in cui il partito del presidente ha la maggioranza dei posti)
Nel codice penale sono stati inseriti i reati di “vilipendio del presidente” ed “istigazione al panico”, che colpiscono con pene fino a 5 anni emittenti giornali e giornalisti che vengano riconosciuti colpevoli di “attività diffamatoria nel confronti del presidente”.
Quanto è autocratico questo bolivarismo?

Nella sostanza ci sono elementi autoritari legati alla dinamica istituzionale, al sistema di governo fortemente presidenziale, ad alcuni tentativi di limitazione dello spazio mediatico dell’antichavismo (vedi oltre alle leggi citate da te, il mancato rinnovo della concessione a RCTV), ma ogni cosa va vista nel suo contesto. Nella fase storica che precede il Chavismo il Venezuela tutto era tranne che una democrazia. Tutt’al più era quello che Galeano definiva come “democradura”. Gli studenti negli anni ‘80 e ‘90 venivano assassinati a sangue freddo nelle piazze dalla polizia, i 3000 morti del Caracazo nel 1989, gli altrettanti desaparecidos negli anni della guerriglia, le torture nelle caserme, la immane corruzione e l’elevata povertà in un paese potenzialmente molto ricco etc. Oggi tutto sommato il Venezuela è un paese con degli standard di democrazia e pluralismo competitivi non solo rispetto agli standard sudamericani, ma perfino rispetto a quelli delle spocchiose e blasonate democrazie del “vecchio” continente.

11- Se dopo dieci anni ancora persiste questa idea che identifica Chávez nella Rivoluzione stessa, e la vita del presidente con la riuscita del processo, non ne è un controsenso?
La personalizzazione carismatica del processo è conseguenza, come già detto, della storia, della tradizione politica ed anche dei meccanismi istituzionali vigenti nel paese. E’ indubbiamente conseguenza anche delle indubbie qualità politiche e comunicative di Chávez. Ma è indubbiamente anche un limite per un processo che mira a costruire forme più inclusive e partecipative di organizzazione politica e sociale. Paradossalmente questo è un tema del quale non si discute molto, vista la forte polarizzazione della dinamica politica intorno alla figura di Chávez come garante dell’unità del blocco chavista. Se ne è parlato però sull’onda delle recenti problematiche legate alla salute di Chávez, che hanno fatto emergere il nodo della necessità di costruzione di una leadership più collettiva ed orizzontale.

12-A ottobre 2012 la spunterà Chávez o Henrique Capriles Radonski, governatore dello stato di Miranda e candidato unico dell’opposizione venezuelana riunita in uno schieramento unico chiamato Mesa de la Unidad Democrática (Mud)?
Capriles è dato perdente in tutti i sondaggi pubblicati sinora, dove i consensi a Chávez non scendono mai sotto il 55% con punte sino al 70%. Ovviamente un fattore che potrebbe alterare il quadro sarebbe il grave deterioramento delle condizioni di salute del presidente. Resta il fatto che sinora l’opposizione non è riuscita a trasmettere l’idea di avere un progetto di società, alternativo al chavismo, ed in grado di meglio rispondere ai molti ed insoluti drammi sociali di questo meraviglioso paese.

a cura di Gog(&Magog)

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Martino Iniziato

Laureato in scienze storiche presso l’università degli studi di Milano con una tesi su Ronald Reagan, ha imparato a fare siti internet quasi per gioco e lo ha trasformato in un quasi-lavoro. Un po' giornalista, un po' cameriere, un po' promotore d'eventi culturali è tra i fondatori dell'Associazione Lapsus e si rivede molto nella definizione springstiniana di "Jack of all trade": tuttofare. Tra le altre cose, è il curatore di questo sito per conto di Tanoma.it. Su twitter è @martinoiniziato

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