Le radici di una fede. Per una storia del rapporto tra moneta e credito in occidente
Recensione del libro di Massimo Amato, “Le radici di una fede. Per una storia del rapporto tra moneta e credito in occidente“, Milano, Bruno Mondadori 2008.
Se avessero detto a Massimo Amato, autore di “Le radici di una fede”, che il suo libro sarebbe uscito in concomitanza con lo scoppio della più grave crisi economica della storia del capitalismo, probabilmente non ci avrebbe creduto, o almeno non avrebbe creduto di essere così fortunato da azzeccare in modo tanto preciso i tempi. Il suo saggio, infatti, sebbene non sia dedicato specificatamente alla crisi, ci porta a intraprendere un viaggio nella storia del rapporto che lega strutturalmente la moneta e il credito, rapporto che costituisce l’elemento di partenza, l’atomo, come dice Amato, di ogni costruzione finanziaria. Atomo a cui va aggiunto, perché sia appunto fondativo dello spazio economico, un terzo elemento: l’articolazione istituzionale delle funzioni monetarie, in parole povere cioè, delle norme chiare e precise che governino tale relazione.
Partendo da un’efficace quanto etimologica definizione del termine finantia, che nel latino tardo-imperiale significava «chiusura amichevole di una controversia», si afferma che la relazione debito-credito è una relazione che viene aperta per poter essere condotta a buon fine, cioè per essere chiusa (con il saldo del debito si intende…): ma qual è il ruolo della moneta in questo meccanismo? Il coinvolgimento della moneta nella relazione debito/credito è di duplice ordine: inizialmente, per poter essere acceso, il debito esige di poter essere quantificato, cioè portato, citando sempre l’autore, alla misura monetaria del suo valore. In seguito, per poter essere onorato, il debito esige un mezzo di pagamento, cioè una moneta. Ecco dunque che il credito chiama in causa la moneta in una duplice funzione: come unità di misura prima e come mezzo di pagamento dopo. È proprio per questa sua duplice veste dunque che è necessaria un’esplicita articolazione istituzionale delle funzioni monetarie, perché se l’articolazione venisse meno, il rischio serio, scrive Amato, sarebbe che i mercati finanziari non si costituirebbero più come luoghi di regolazione della chiusura delle relazioni debito-credito, come afferma l’autore citando Jacques Rueff, ma bensì come spazi di procrastinazione del debito, citando questa volta Marc Bloch. E leggendo quest’ultima frase, non si può fare a meno di pensare ai tempi che corrono…
Ma torniamo al libro. Cos’è mai questa fede di cui si parla nel titolo? Amato lo chiarisce bene nell’introduzione del suo saggio, certamente di non facilissima lettura, ma indubbiamente di grande interesse: la posta in gioco nel suo studio consta nel cercare di scoprire quando, come e a quali condizioni è nata la moneta contemporanea, quella fiat money che alla sua nascita segna una cesura fondamentale nella storia finanziaria dell’Occidente e che rappresenta l’identificazione istituzionale tra la funzione di unità di conto e quella di mezzo di pagamento, come fino al diciottesimo secolo, nella storia monetaria europea, non accadeva. Andare alle origini, apparenti e nascoste della moneta contemporanea significa dunque chiedersi in che modo, con quali esiti e a quale prezzo, l’identificazione tra unità di conto e mezzo di scambio si sia istituzionalizzata nella storia finanziaria europea, già prima del gold standard, e significa anche andare alle radici della fede, sulla base della quale si è edificato l’edificio finanziario capitalistico.
Ma come muoversi in questa ricerca di radici? Per giungere alle radici della moneta contemporanea, spiega Amato, bisognerà muovere da un’interpretazione adeguata dell’architettura monetaria dell’Occidente, architettura caratterizzata, fino al diciottesimo secolo, dalla separazione istituzionale fra moneta di conto e moneta circolante. Il riconoscimento delle implicazioni profonde che tale separazione comporta ci permette di capire quale sia l’importanza della discontinuità nella storia del rapporto tra moneta e credito; proprio dallo smantellamento dell’architettura istituzionale che si fondava sulla separazione fra unità di conto e mezzo di pagamento, infatti, sorge la nuova struttura monetaria, basata sull’identificazione tra le due funzioni.
Nel percorso che porta alla nascita della moneta contemporanea, quindi, sono rinchiuse tutte le ambiguità che caratterizzeranno le sua storia successiva. E proprio per questo il libro giunge nella ricostruzione all’epoca del gold standard: perché se vista nella prospettiva della relazione tra moneta e credito, quella del gold standard non è più la storia di un sistema metallico, bensì la storia del progressivo abbandono del metallo in nome di una moneta indistinguibile da un titolo di credito, ossia in nome di una moneta, afferma Amato, sorretta non da un metallo, ma da una fede, unica nel suo genere.
a cura di Martino Iniziato, Lapsus
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