Milano: l’antimafia non serve alla vetrina
Scrivere di antimafia, in queste settimane, è forse ancora meno facile che in altri periodi. La delegittimazione e la crisi di credibilità, dovuta ai recenti fatti che hanno coinvolto ad esempio il giornalista Pino Maniaci – al di là di come si svilupperà l’iter giudiziario – piuttosto che Rosy Canale, o Silvana Saguto, impongono dunque ancora più attenzione, cautela e serietà. In più, il contesto della campagna elettorale che caratterizza le principali città italiane, da Roma, a Milano, da Napoli a Bologna, fa si che il rischio di prestare il fianco a strumentalizzazioni dell’uno o dell’altro campo, sia reale.
In questo quadro tuttavia, facciamo nostro con convinzione, lo stimolo che arriva dall’Associazione daSud: nelle campagne elettorali in corso, nel dibattito in corso nelle città e nel paese, mancano riflessioni e progettualità serie ed articolate sull’antimafia. Manca l’antimafia intesa non come fine, come necessità di plasmare eroi o come brand per intercettare nicchie di pubblico od elettorali (come si è dimostrato una volta di più lo scorso 23 maggio, in occasione dell’anniversario della Strage di Capaci, con tweet e post commemorativi), ma come punto di vista e come antimafia sociale. E crediamo che questo valga anche per Milano.
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