Dopo le bombe. Piazza Fontana e l’uso pubblico della storia
Calendario delle presentazioni

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Dal 31 ottobre 2019 in libreria.
In questi mesi abbiamo lavorato duramente alla stesura di questo libro collettivo, scritto in vista del 50° anniversario della strage di #piazzaFontana.
Pubblicato con Mimesis Edizioni, questo volume è il frutto di un processo collettivo, figlio di un meditato e faticoso lavoro di elaborazione e sistematizzazione di alcuni spunti di indagine storica sorti, in un decennio, nell’ambito di innumerevoli seminari, conferenze, mostre, eventi di divulgazione e momenti di appassionata discussione e confronto.
Un libro che, anche se non lo direste, è anzitutto un lavoro di storia del tempo presente, per riflettere su conseguenze e storture del principale nodo irrisolto dell’età repubblicana, che chiamiamo “strategia della tensione”, a partire dall’uso pubblico che si è scelto di fare della strage del 12 dicembre 1969.
Vi troverete testi di Aldo Giannuli, Davide Conti, Elia Rosati, Elio Catania, Giulio D’Errico, Erica Picco, Sara Troglio e Fabio Vercilli, con la postfazione di Mirco Dondi, di cui vi lasciamo un assaggio:
Leggi TuttoSu un evento spartiacque e fortemente divisivo si misurano le politiche della memoria e le politiche dell’oblio, dove fra queste spicca la totale assenza di memoria sulla guerra fredda. Questo conflitto anomalo, non dichiarato, a bassa intensità, ha avuto, ancora più di altri, la verità come vittima sacrificale. Nell’immediato, nessuno ha letto Piazza Fontana come episodio (incontrollato) di guerra fredda. Di certo, dopo i primi mesi, appare sempre più evidente come il taglio interpretativo dell’evento sia stato funzionale a logiche di schieramento e a concordate convenienze.
Mirco Dondi
lo sguardo di tre giovani studenti sull’Italia che ci circonda a 40 anni da Piazza Fontana
Milano, quarant’anni dopo, non è più la stessa. Noi non c’eravamo, ma lo capiamo che era tutta un’altra città. Sono le nostre impressioni, sono i racconti “dei grandi” a farci immaginare Piazza Duomo invasa da auto e taxi, gli studenti con l’eskimo e i capelli lunghi che in massa si avviano verso l’Università Statale. Anche Piazza Fontana è cambiata. Per noi è una tranquilla rotonda con panchine, dove sembra di non essere (quasi) a Milano.
Ma il 12 dicembre 1969, alle 16.37, l’Italia si è svegliata sotto una valanga di morti ed ancora oggi ci si interroga su perché, da quel giorno d’inverno, si sia dovuto fare i conti con la paura, con la morte, col dolore.
Per chi non studia storia, affrontare un capitolo tanto complesso e articolato e, per molti versi, ancora oscuro, può sembrare un mero esercizio teorico.
Ma quel giorno d’inverno si è proiettato, come le schegge assassine di quel pomeriggio, nel presente, lasciando dei segni indelebili.
Quarant’anni dopo l’esplosione, il Paese che così compatto aveva silenziosamente reagito a difesa della libertà, ci appare in inesorabile declino.