In queste settimane si sono svolte in tutto il paese e a tutti i livelli (istituzionali, società civile, organizzazioni politiche) iniziative e celebrazioni in occasione dei 70 anni della Liberazione, con apice ovviamente nella giornata di sabato 25 aprile. Ad ascoltare i discorsi di questi giorni e i loro contenuti è emersa una strana sensazione ed una strana nostalgia: quasi ci fosse la consapevolezza diffusa che questo decennale potrebbe essere l’ultimo con i combattenti dell’epoca, quasi che i 70 anni sanciscano definitivamente il famoso <<passaggio di consegne>>.
Scriviamo queste considerazioni dopo aver visto il film di Marco Tullio Giordana, “Romanzo di una strage”. Nonostante sia nelle sale da poche settimane si è già detto molto, chi in termini positivi, chi critici, e non poteva che essere così: in Italia, raccontare una storia come quella di Piazza fontana, suscita necessariamente clamore, nel bene e nel male. Il punto principale su cui ci vogliamo concentrare è il seguente: nel momento in cui si decide di costruire una narrazione cinematografica ispirata a fatti realmente accaduti, cruciali nella storia del nostro paese, si deve essere consapevoli che si sta contribuendo a formare la vulgata che poi si radicherà nell’opinione pubblica (considerando anche la stragrande maggioranza dei potenziali spettatori, non informati sui fatti, anzi spesso, nel caso dei più giovani, per lo più ignari di quelle vicende).