International Bomber Command Centre. Un museo e un archivio digitale per una memoria “difficile”.
Nel 2015, a settant’anni dalla fine della guerra, l’arcivescovo di Canterbury ha chiesto scusa pubblicamente per il bombardamento di Dresda (13-15 febbraio 1945) che causò tra le 25mila e le 40mila vittime civili. Durante la commemorazione dell’evento ha dichiarato:
“Settant’anni fa le nostre nazioni e popoli erano in guerra. Per tre giorni in Febbraio i bombardieri alleati portarono morte e distruzione su una scala e con una ferocia impossibili da immaginare. […] Nella rabbia della guerra i nostri cuori inevitabilmente si induriscono e una forza sempre più brutale e devastante viene sprigionata. […] Questo è il raid più controverso della campagna di bombardamento alleata ed è oggetto di ampio dibattito. […] In ogni caso, l’evento che si svolse qui settant’anni fa lascia una ferita profonda e affievolisce tutta la nostra umanità. […] Così, come seguace di Gesù, io sono qui tra voi con un sentimento intenso di pentimento e profondo dolore.”
Queste parole hanno suscitato grande dibattito nel Regno Unito. In particolare, nessuno prima di allora aveva mai chiesto pubblicamente scusa per un atto che, secondo la narrazione pubblica inglese, era non solo necessario ma anche “giusto”.
L’arcivescovo ha così subito pesanti critiche da parte del mondo politico, accademico e dell’opinione pubblica inglese, riaccendendo un focolaio mai sopito.
“Scusarsi per aver sconfitto Hitler è quantomeno bizzarro.” “l’ultima cosa che dovremmo fare è chiedere scusa. Dovremmo essere elogiati per aver sconfitto Hitler.” “Winston Churchill pensava che il bombardamento di Dresda fosse andato troppo oltre. Tuttavia non avrebbe mai pensato di scusarsi per questo.” “Quelle parole sono un insulto ai giovani uomini che hanno dato la vita nella sconfitta della Germania” sono solo alcuni dei commenti alla dichiarazione dell’arcivescovo, segno di una memoria che fatica ad uscire dal registro celebrativo.

Nel discorso pubblico inglese infatti la Seconda guerra mondiale è narrata come: una “guerra giusta”, perché combattuta contro un nemico, il Nazismo, considerato assoluto e “non voluta”, perché nata in seguito all’aggressività tedesca; una guerra combattuta secondo mezzi leciti, seguendo le regole del “fair play” in opposizione alle atrocità perpetrate dai nazisti; una bella storia da raccontare, perché unisce la nazione.
Da questa narrazione tuttavia è escluso il punto di vista dei civili bombardati durante le operazioni aeree, che rappresentano un elemento problematico.
Da questo contesto nasce il progetto di raccontare questa storia con un diverso approccio. Durante la Seconda guerra mondiale dal Lincolnshire in particolare partivano i bombardieri inglesi diretti nei punti nevralgici della Germania, dell’Italia e nei territori occupati dai nazisti. Oggi nella città di Lincoln ha sede l’International Bomber Command Centre, un museo e memoriale che si pone l’obiettivo di raccontare una storia più sfaccettata, anche attraverso le testimonianze dei civili vittime dei bombardamenti alleati, raccolte in tutta Europa e digitalizzate in un grande archivio gratuito. Lapsus sta contribuendo alla raccolta di queste testimonianze, che ora sono conservate nell’IBCC Digital Archive.
La sfida è la riconciliazione di una memoria problematica: tenere insieme le testimonianze di chi bombardava e chi veniva bombardato, con lo scopo di cogliere le infinite e più complesse sfumature di un evento storico che ha inciso su milioni di vite umane.
IL NOSTRO CONTRIBUTO PER L’IBCC
Per due anni abbiamo collaborato con l’International Bomber Command Centre e alla vigilia dell’inaugurazione dell’archivio, in cui saremo presenti il 5 settembre, vogliamo raccontarvi questo viaggio fatto di ricerca e di incontri.
Dall’inizio del progetto abbiamo raccolto circa 30 interviste, realizzate applicando le metodologie della storia orale, volte ad ottenere testimonianze libere, non influenzate dalle domande dello storico.
Dietro ognuna di esse però c’è un volto, un nome, dei ricordi che riemergono dopo 80 anni di vita vissuta.
Dietro ognuna di esse c’è un incontro: fra noi e una persona, ormai anziana, vissuta sotto i bombardamenti Alleati in Italia, che ha voluto raccontarci la sua storia, per aiutarci a costruire questo grande archivio della nostra Storia.
E così, fra caffè e vecchi salotti, abbiamo visto queste persone ricostruire un mondo lontano, fatto di cortili popolari e licei del centro, di lavoro in fabbrica e di fame.
Sono riemerse figure vivide: fratelli non più tornati da Stalingrado, vicini di casa fascistissimi, nonne partite su un treno per il Reich, amicizie d’infanzia e zii partigiani.
Ci sono state affidate le memorie di notti tremende spese nei rifugi antiaereo, di pomeriggi passati nascosti nei fossi dei campi, di ritorni a casa, con la paura di trovarla distrutta. Scene drammatiche che spesso però hanno lasciato il posto a momenti di risa, quando gli intervistati ricordavano con nostalgia i piccoli scherzi fra bambini e le corse in bicicletta sotto i razzi: sciocche prove di abilità di una infanzia cresciuta nel mito dittatoriale della violenza e trovatasi catapultata nella Seconda Guerra Mondiale.
Ora che l’archivio sta per esser ultimato, ognuna di queste memorie verrà unita a molte altre, creando un mosaico sfaccettato di voci e sguardi che travalicherà la sola conservazione storica, provando a fornire uno strumento che possa far emergere contesti e azioni, scelte e casualità che creano e ricreano la Storia.
IL 5 SETTEMBRE SAREMO A LINCOLN
Il 5 settembre prossimo saremo alla University of Lincoln, tra gli ospiti della conferenza Heritage Dot. Sarà l’occasione per inaugurare ufficialmente l’archivio digitale e raccontare la nostra esperienza come ricercatori e intervistatori.
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