Si dice, con leggerezza, che tutte le crisi prima o poi finiscono – salvo ammettere in seguito, con altrettanta leggerezza, che ve ne saranno sempre di nuove. Ma le crisi non sono affatto un inevitabile «effetto collaterale» della finanza. Piuttosto, sono la prova di un difetto costitutivo dell’attuale configurazione della finanza di mercato. È pensabile un’altra finanza? Per rispondere a questa domanda gli autori sottopongono la crisi finanziaria a una triplice interrogazione. Che cosa è entrato in crisi? Non semplicemente un insieme di strumenti, ma un’intera concezione della finanza. Le stesse innovazioni che ieri promettevano a tutti, attraverso un crescente indebitamento, benefici indiscriminati, sono diventate improvvisamente causa di sofferenze e di perdite altrettanto indiscriminate. In ogni caso, esse sono il portato di una finanza che manca sistematicamente il proprio fine. Ma il fine della finanza coincide con la fine, ossia con il pagamento a tempo debito e la chiusura dei conti fra debitori e creditori. Da dove viene la crisi? Non da una frenesia di novità e di profitto degli ultimi decenni, ma da una lunga serie di decisioni, più o meno consapevoli. Ripercorrendo a ritroso la storia finanziaria dell’Occidente moderno, il libro rintraccia le radici di un sistema che ha fatto del credito e della moneta una merce, per poter finanziare indiscriminatamente la pace e la guerra. Come uscire dalla crisi?Non accontentandosi di palliativi, capaci solo di preparare ulteriori e più gravi crisi, ma impegnandosi in una riforma del sistema monetario e creditizio fondata su un pensiero adeguato. Ripensare la finanza significa, oggi, imparare a distinguere ciò che troppo spesso è confuso: moneta e credito, moneta e merce, economia di mercato e capitalismo. E riaprire il dibattito sui principi e sui fini implicati da un rapporto sano fra economia e finanza, di cui si sente sempre più drammaticamente l’esigenza.
Massimo AMATO è studioso di storia della moneta e autore di Il bivio della moneta (Egea, 1999) e Le radici di una fede. Per una storia del rapporto fra moneta e credito in Occidente (Bruno Mondadori, 2008). Insegna Storia economica all’Università Bocconi.
Luca FANTACCI, studioso di storia della moneta e del pensiero di Keynes, ha pubblicato La moneta. Storia di un’istituzione mancata (Marsilio, 2005). Insegna Storia economica all’Università Bocconi.
In libreria, da giovedì 23 aprile 2009, per i tipi della Guanda,
“L’ABUSO PUBBLICO DELLA STORIA,
come e perchè il potere politico falsifica il passato”
Da circa vent’anni è in corso, in tutto il mondo,uno scontro senza precedenti sulla storia in relazione al tentativo di ricostruire un nuovo ordine mondiale dopo il crollo di quello bipolare. Assistiamo a un prepotente ritorno sulla scena
copertina
politica del “Principe” che avoca a sé il potere di stabilire quel che la storia deve dire. Questo ritorno si giova di fenomeni quali l’eclissi del sociale, la corrosione della democrazia, l’avanzare dell’antipolitica populista, la fine dello stato sociale, il vento culturale del neoliberismo che hanno puntuali ricadute sul piano culturale e, più specificatamente, storiografico. Su questo scontro, e sulle più ampie questioni correlate, indaga Aldo Giannuli analizzando il revisionismo storico nelle sue diverse manifestazioni, a cominciare dal tema dell’olocausto e dal connesso fenomeno di “tribunalizzazione” della storia e dedicando particolare attenzione all'”anomalo” caso italiano. Partendo dall’affermazione che la storia è il suo uso pubblico, e coincide perfettamente con esso, il libro si sofferma in particolare sull’abuso della storia recente nei mass media, con un occhio attento alla spettacolarizzazione. Se non mancano infatti opere di buona qualità, prevalgono nettamente quelle che, in nome dell’uso pubblico della storia, praticano un sostanziale abuso a fini di politica contingente. Il problema storiografico che ci si presenta oggi è proprio quello di intuire la portata della svolta storica che abbiamo appena attraversato, da dove è sorta e dove ci sta portando. E si comprende come tutto questo vada molto oltre la retorica del “secolo del male”.
il problema della guerra civile; la costruzione della memoria e di un immaginario nell’Italia del dopoguerra;
ne parla:
LUIGI BORGOMANERI,
ricercatore presso la Fondazione Isec di Sesto S.G.
Diceva Calvino << d’accordo, farò come se aveste ragione voi, non rappresenterò i migliori partigiani , ma i peggiori possibili, metterò al centro del mio romanzo un reparto tutto composto di tipi un po’ storti. Ebbene: cosa cambia? Anche in chi si è gettato nella lotta senza un chiaro perché, ha agito un’elementare spinta al riscatto umano, una spinta che li ha resi centomila volte migliori di voi, che li ha fatti diventare forze storiche attive quali voi non potrete mai sognarvi di essere! >>I. Calvino, prefazione a “Il sentiero dei nidi di ragno”.