Nell’ambito del Festival Che Storia! organizzato da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, abbiamo creato due visite guidate alla scoperta della storia e dei luoghi simbolo della Strategia della tensione e dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale a Milano. Gli eventi sono gratuiti con prenotazione obbligatoria. Consulta il programma completo del festival qui.
Sotto le bombe – Q10: Gorla
Una narrazione storica nasconde sempre una scelta: cosa raccontare e come farlo? Tra le narrazioni più controverse e meno approfondite in Italia, legate alla Seconda Guerra mondiale, vi è quella relativa ai bombardamenti alleati su obiettivi civili. Attraverso l’ascolto guidato di fonti sonore dei due diversi punti di vista – quello degli equipaggi inglesi e quello dei civili bombardati – sarà possibile cogliere una narrazione poliedrica e sfaccettata nella vita nella Milano bombardata.
Itinerario
Venerdì 23: ritrovo davanti alla Fondazione G. Feltrinelli, viale Pasubio 5, Milano Domenica 25: ritrovo presso fermata M1 Turro (viale Monza, angolo via della Torre). La passeggiata prosegue per via F.lli Pozzi ang. Ponte Vecchio (Monumento “Piccoli martiri di Gorla”), via Finzi, viale Monza 255, Martesana. È previsto il ritorno in Fondazione G. Feltrinelli.
I convulsi anni Sessanta e Settanta, gli eventi della nostra storia recente sono troppo spesso avvolti da ombre. Ma è davvero così? Le vie di Milano, protagonista di alcuni degli eventi più drammatici della Strategia della Tensione – tra cui l’esplosione della bomba in Piazza Fontana e l’uccisione di Giuseppe Pinelli – sono un libro aperto per chi abbia voglia di mettersi a leggerlo. Attraverso i luoghi e gli edifici simbolo di queste vicende, l’itinerario si snoda fra agenzie di spionaggio, redazioni di controinformazione, questure, luoghi simbolo della contestazione milanese, fino ad arrivare al cratere della bomba del 12 dicembre 1969.
Itinerario
Ritrovo al centro di Piazza Fontana. La passeggiata toccherà Piazza Duomo; Piazza S. Babila; Via Statuto; Via Senato; Via della Moscova; Via Fatebenefratelli; Via Solferino; ritorno presso Fondazione G. Feltrinelli, Viale Pasubio 5.
Martedì 9 aprile | h. 20.30 | Lato B, Viale Pasubio, 14 – Milano
Salvador Allende
Cosa rimane della memoria cilena di Salvador Allende? Cosa ha comportato, nel concreto, il compromesso che ha normalizzato la dittatura cilena? In che modo ci parla ancora del Cile e dell’America Latina attuale?
Sopra il vostro settembre è il progetto di public history che riannoda dal basso i fili della storia cilena e dà voce a storie rimosse o poco conosciute, esemplificative di un fenomeno collettivo che ha riguardato circa 1 milione di profughi in 17 anni: la repressione, la resistenza, l’esilio, il ritorno.
*************************************** Per l’ingresso nel circolo è necessaria la sola tessera LatoB, che si può richiedere compilando il modulo online al seguente link ➔ http://www.preadesione.latobmilano.it/
Il costo della tessera è di 3 euro, il suo ritiro avverrà prima della serata e vi consentirà di accedere a tutte le attività dell’associazione e di usufruire dei beni della stessa fino alla fine dell’anno sociale corrente.
Lunedì 1 aprile | Fondazione Giangiacomo Feltrinelli | Viale Pasubio 5, Milano
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano e “Amici di Passato e Presente” danno vita a un “laboratorio n. 0” per avviare un confronto di esperienze a partire dai luoghi in cui si fa storia fuori dall’università (fra gli altri l’Istoreto, l’Aiso, la Sislav, l’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, l’Isec e Zapruder)e che si interrogano sulle sfide che i grandi fenomeni della contemporaneità – crisi economiche, conflitti, migrazioni – pongono concretamente alla dimensione della cittadinanza: quali sono i cambiamenti di paradigma che inducono tali mutamenti? Quali trasformazioni esse portano nei rapporti di relazione fra individui e gruppi sociali? In che modo è possibile costruire nuovi percorsi d’inclusione civile? Ragionare su tali grandi questioni significa anche tornare sulla presunta “crisi della storia” e sui modi di fare storia nello spazio pubblico nel tempo presente.
Punto di partenza della riflessione è quello di ripensare il “calendario civile”, un elenco di date attraverso cui i gruppi umani (comunità, classi sociali, nazioni) hanno dato forma, contenuto e programma alla loro identità costruita nel tempo. Quanto parlano ancora quelle date? Il processo di memoria pubblica segue ancora lo stesso percorso? Ha lo stesso obiettivo? Un ulteriore contributo alla discussione è offerto dalla nozione di “storia del tempo presente” in ambito francese, i suoi caratteri, le definizioni e le sfide epistemologiche e metodologiche (la “matrice” del tempo presente, il rapporto dinamico e conflittuale fra storici e testimoni, fra storia e memoria). Queste riflessioni possono essere di qualche utilità per il caso italiano?
Il confronto tra i diversi percorsi e le differenti pratiche consentirà infine di avviare una discussione più complessiva orientata a progettare altri momenti di dialogo. Che cosa ci dice oggi la storia? Fino a che punto il bagaglio esperienziale di ieri, le opzioni di successo, e anche quelle sbagliate, le occasioni mancate, i fallimenti concorrono a aiutarci in una ricerca di senso dell’oggi? In questo quadro, qual è il possibile ruolo virtuoso di quella che oggi viene definita Public History?
Riflessioni – David Bidussa (Fondazione Feltrinelli), Ridefinire il calendario civile – Valeria Galimi (Passato e Presente), La storia del tempo presente: uno sguardo dalla Francia
Esperienze – Simonetta Soldani (Amici di Passato e Presente), Passato e presente – Enrico Manera (Istoreto), Le attività dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea ‘Giorgio Agosti’ – Roberta Garruccio (Aiso), L’Associazione italiana di storia orale
Partecipano alla discussione Roberto Bianchi (Passato e Presente/Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporeanea), Mirco Carrattieri (Istituto Nazionale Ferruccio Parri), Maria Meriggi (Società italiana di Storia del Lavoro), Jacopo Perazzoli (Fondazione GG. Feltrinelli), Sara Troglio (Laboratorio Lapsus), Sara Zanisi (Fondazione Isec- Istituto per la storia dell’età contemporanea)
Quest’estate insieme a una banda capitanata da Zona K e formata da noi, Stratagemmi/Prospettive teatrali e Stanze (grazie a Teatro Alkaest), abbiamo vinto il bando Cariplo – Partecipazione Culturale. Si tratta di un percorso multidisciplinare e sfaccettato che vede collaborare queste quattro diverse realtà, ognuna con la sua anima e le sue discipline, allo scopo di aumentare la partecipazione delle fasce più giovani della popolazione milanese alla vita culturale. All’interno del gruppo, Lapsus ha strutturato il suo intervento tenendo assieme alcuni degli scopi che più ci stanno a cuore.
Il progetto prevede ampio spazio per la formazione: una parte, dedicata agli studenti universitari, affidata a Stratagemmi, l’altra a Lapsus. Protagonisti, più che spettatori, sono i ragazzi e le ragazze di una terza superiore in alternanza scuola lavoro. Va detto che non amiamo l’alternanza e proprio per questo abbiamo cercato di costruire un progetto che potesse offrire delle reali prospettive di apertura sul mondo culturale, sia dal punto di vista formativo che professionale, fuori dalle logiche di sfruttamento del lavoro gratuito degli studenti.
La classe viene coinvolta in un percorso di 90 ore, articolato su più di un anno: si parte adesso e si finirà a dicembre 2019, seguendo lo sviluppo dei focus tematici di Zona K. Per Lapsus la possibilità di progettare un’attività didattica continuativa per un monte ore così ampio è un’occasione preziosa per sperimentare metodi didattici più efficaci sulla “lunga durata”, al di fuori dei soliti laboratori da poche ore, e per mettere alla prova i nostri metodi di simulazione didattica / didattica ludica. La visione degli spettacoli sarà sempre accompagnata da laboratori di approfondimento che ne esplorano argomenti e modalità di realizzazione, anche confrontandosi con chi lavora “dentro” al teatro. La contestualizzazione storica degli argomenti degli spettacoli parte sempre dal presente, coerentemente con la nostra caratteristica impostazione didattica e divulgativa.
La storia per processi
Le quattro parole su cui ci concentreremo (MEDIA, MONEY, POLITICS e ECOLOGY) ci permetteranno di partire da temi stringenti del presente, approfondirne il senso, le cause, le interpretazioni e le trasformazioni nel corso della storia contemporanea e infine di portare avanti un ragionamento critico su come questi possano influire sul nostro futuro. Per questo da sempre consideriamo limitante la storia evenemenziale, preferendo al suo posto la storia per processi perché questa procede attraverso una transizione continua, in cui “fenomeni ed eventi, motivazioni e accidentalità, fattori ambientali e umani, contrasti e coincidenze si intrecciano, si urtano, rimbalzano, si deformano, scompaiono e riappaiono, influenzati da rapporti di causalità, come dalle perturbazioni della causalità e si attuano secondo svolgimenti previsti e imprevedibili.” (R. Dondarini)
Gli spettacoli diventano così la “messa a terra” di un discorso più ampio che porti a una maggiore riflessione critica, a una diversa lettura di quanto si apprende nella quotidianità e – perché no? – a una consapevolezza diversa delle proprie possibilità. L’obiettivo è che questa esperienza possa essere da stimolo per una presa di coscienza politica nel senso ampio del termine, inteso sia come impegno responsabile nel contesto di una comunità sia come partecipazione attiva.
Prova generale dello spettacolo Hate Radio, a cui abbiamo assistito insieme alla classe coinvolta nel progetto.
Coinvolgimento reale del pubblico. Da passivo ad attivo e propositivo
Per tutta la durata del percorso i ragazzi e le ragazze saranno coinvolti nella realizzazione di un progetto di comunicazione culturale. Sarà possibile realizzare interviste ai registi, performers, producers, maestranze tecniche, scenografi, artisti, lavoratori della cultura, ecc. per capire meglio come funziona l’industria culturale e come trovare le parole giuste per raccontarla a chi non lo sa. Tutte le informazioni raccolte saranno convogliate in un prodotto concordato con la classe, che potrà assumere varie forme, anche combinate tra loro (es. elaborati artistici, performance, mini-documentari, ecc.) con lo scopo di diventare protagonisti della formazione del pubblico culturale. Il tentativo è quello di creare un processo circolare tra formazione, partecipazione e restituzione pubblica dell’esperienza.
Multidisciplinarietà
Lapsus è un laboratorio, non solo perché ci piace la parola. Fin dalla nostra nascita come collettivo abbiamo sempre puntato ad una divulgazione il più accessibile e partecipativa possibile, sperimentando metodi e approcci diversi e lavorando a stretto contatto con linguaggi e professionalità differenti dalla nostra. Lo scopo è come sempre aggiungere complessità alla storia, con mezzi e strumenti diversi. Per questo siamo felici di poter collaborare con chi nella vita si occupa di altro – come in questo caso il produttore teatrale, l’attore, il critico, il regista, l’insegnante, il social media manager – ma che, come noi, lavorando con attenzione e sensibilità verso il presente non riesce a non evocare il passato.
Intervento di Zeno Gaiaschi (Lapsus) al panel #6 – scuola del convegno “La public history in Lombardia. Un seminario su metodi e pratiche”.
Oggi vorrei impostare il mio discorso su una dimensione operativa, recuperando alcune suggestioni introdotte da David Bidussa stamattina e provando a mettere in fila degli stimoli di riflessione a partire dalla nostra esperienza. Mi scuseranno i colleghi se dirò alcune banalità o questioni assodate nel panorama intellettuale degli storici; tuttavia il lavoro di ricerca ci ha abituati a “fare sempre un passo indietro” quando ci troviamo di fronte ad un problema, così da ottenere un angolo di visuale necessariamente ampio, che ci permetta di capire dove abbiamo “toppato”. E a nostro avviso con la didattica della storia abbiamo decisamente un problema.
Il problema, in soldoni, è questo:
Che senso ha studiare la storia? A che cosa serve?
La domanda non è provocatoria e vorrei che la prendeste come uno stimolo, perché è la domanda davanti alla quale ci siamo trovati davanti decine di volte al nostro arrivo in una nuova classe, soprattutto quelle di contesti più complicati.
Noi storici non siamo nuovi a questo quesito, no? Ma quanto davvero sappiamo dare una risposta a tutti quelli che si collocano fuori dai nostri convegni?
Questo è un po’ il punto di partenza, che è politico, nel senso che ha a che fare con la capacità di incidere nel presente e con le scelte, individuali e collettive. E la nostra scelta, consapevole e ostinata, è stata fin dall’inizio quella di generare impatto sociale e di farlo attraverso la conoscenza della storia.
Sì ma come? Innanzitutto assumendo un atteggiamento di ricerca simile a quello dell’etnografo: per capire come intervenire su un contesto è necessario prima osservare ed “entrare” nel contesto. Laboratorio Lapsus è un’associazione culturale dal 2011 ma è operativa sul territorio e nelle scuole da quando era poco più che un collettivo universitario di studenti di storia. Fin da subito la scuola ha catalizzato la nostra attenzione, in due direzioni.
Sia come ambito di intervento operativo, dove andare ad applicare quelle pratiche di “comunicazione storica” o di “storia pubblica” – come la chiamavamo allora – che potevano trasformare l’insegnamento della disciplina e aiutare a quell’annosa domanda;
sia come campo di ricerca, ossia un luogo privilegiato (per certi versi) da studiare con la lente dello scienziato sociale, con un approccio volto a capire cosa non funzionasse (e non funzioni, tutt’ora) nell’insegnamento della storia nelle classi, con l’obiettivo di capire meglio alcune tendenze che si manifestavano all’epoca, ma si manifestano tutt’oggi nella società.
Quindi ci siamo messi in ascolto e abbiamo cercato di intercettare le frequenze delle necessità di chi vive la scuola (insegnanti e studenti); dei nostri coeatanei, che ne sono usciti e hanno intrapreso studi superiori ma anche e soprattutto chi ha scelto o si è trovato nella condizione di non farlo; delle persone con cui entravamo in contatto durante le iniziative pubbliche che promuovevamo in università e sul territorio, in contesti ufficiali e non.
“Cittadino, studente, insegnante! Cosa non capisci del mondo contemporaneo? Che “pezzo ti manca”? Come posso io, da storico, mettermi al tuo servizio per condividere ciò che ho appreso?”
Laboratorio Lapsus ha sempre avuto quindi questo obiettivo politico: stimolare in coloro con cui interagiamo l’acquisizione di un metodo, perché chi lavora con la storia ha il privilegio di padroneggiare innanzitutto l’indagine critica, prima ancora che la conoscenza fattuale. Un metodo che fosse un motore di innesco per attivare quel ragionamento critico necessario per sfatare gli stereotipi e sbrogliare le matasse comunicative più ingarbugliate di cui è piena la nostra contemporaneità.
La costruzione concettuale dei percorsi didattici che utilizziamo è debitrice a diverse discipline, perché siamo convinti che un solo metodo non sia più sufficiente (se mai lo è stato) per comprendere il mondo contemporaneo: attingiamo quindi alla sociologia, all’antropologia, alle scienze politiche, alla geopolitica, all’economia, alla psicologia, alla pedagogia, alle scienze della comunicazione e a tutti i linguaggi che ci sembrano più utili, contaminando le nostre competenze e conoscenze ma anche imbarcando nella nostra squadra di lavoro ricercatori, operatori culturali e professionisti con diverse formazioni, che condividono con noi questo approccio aperto allo studio del passato.
Poste queste poche premesse, entrerei quindi nel vivo di “cosa facciamo”, portando un esempio che speriamo essere esplicativo:
Parlerò del laboratorio didattico “Come cambia la guerra nel Novecento”un percorso strutturato in 5 incontri di taglio laboratoriale, destinato agli studenti della scuola media.
Il progetto di questo laboratorio è nato da un’esigenza: dopo gli attentati terroristici del 2015 a opera dell’Isis, diverse scuole ci hanno contattato per cercare di fare chiarezza nel mare magnum delle informazioni che stavano proliferando sul Medioriente. Dopo alcuni interventi nelle Assemblee di Istituto, abbiamo pensato di raccogliere gli stimoli derivati dalle molte domande degli studenti e delle studentesse e formalizzarli in un percorso che potesse offrire qualche punto di riferimento per comprendere i presupposti e le trasformazioni dei conflitti contemporanei. Prima ancora che fornire risposte, la questione impellente che ci siamo posti è stata quella di fornire un metodo di indagine che potesse essere fatto proprio dagli studenti e replicato in modo autonomo, per aiutare a discernere e orientarsi tra le informazioni e le fonti disponibili.
Abbiamo quindi costruito un percorso didattico che parte dai conflitti contemporanei – ad esempio il contesto siriano, il contesto ucraino, ecc. – per andare a rintracciare lungo il corso del Novecento cosa è cambiato nelle modalità di “fare la guerra”, come sono cambiati i soggetti che la compiono, le modalità militari, trans-militari e non-militari con cui è combattuta. Si attraversano i due conflitti mondiali, la Guerra fredda, le decolonizzazioni, la fine dell’ordine bipolare, fino alle guerre asimmetriche contemporanee, rilevando continuità e rotture.
Al termine del percorso rimaneva però una questione aperta: come valutare l’apprendimento reale degli studenti? E come rendere la fase di valutazione non respingente ma un’occasione di confronto e crescita?
Abbiamo così ideato Uranicaun gioco di simulazione didattica che ricostruisce uno scenario verosimile di guerra asimmetrica in cui i partecipanti, divisi in gruppi, devono affrontarsi usando le categorie analizzate durante il laboratorio e agire coerentemente con i loro obiettivi di gioco e le loro possibilità di azione effettiva, che ovviamente sono diversi a seconda della scheda-paese assegnata.
La prima sperimentazione è stata svolta nel 2016 con alcune classi terze di una scuola media di Cinisello Balsamo e ha riscosso un buon successo; l’edizione successiva è stata implementata anche grazie ai suggerimenti e ai contributi ricevuti durante le fasi di debriefing dagli studenti e dagli insegnanti delle classi coinvolte.
Noi non ci siamo inventati nulla, sia chiaro. Siamo debitori nei confronti delle concettualizzazioni di didattica della storia di Ivo Mattozzi, del gruppo di Clio ‘92, delle riflessioni sull’uso e abuso della storia di Aldo Giannuli, della didattica ludica di Antonio Brusa e della sua “scuola”. Ma anche per la formalizzazione dei nostri metodi didattici abbiamo proceduto “al contrario”: siamo partiti dalla pratica e dal “campo” per rivolgerci alla teoria in un momento successivo, di maggiore maturità.
In questo nostro modo di servirci della storia – uso proprio questo termine, per riportarci alla domanda dell’inizio – c’è un aspetto fondamentale ed è il confronto con gli studenti e le studentesse sulle loro domande impellenti. La ricezione e l’ascolto delle loro domande, che spesso sono più complesse di quello che possono sembrare, per noi è imprescindibile per costruire un percorso didattico efficace.
Questo ovviamente ci mette nella condizione di non ripetere mai due laboratori sullo stesso tema nello stesso modo, riadattando sempre i contenuti ai contesti. È un lavoro innegabilmente faticoso ma che non dobbiamo fare da soli: coinvolge infatti tutto il gruppo, in un processo di confronto e rielaborazione che è sempre collettivo.
Sopra il vostro settembre è un progetto articolato: un documentario a puntate che, dalle storie personali di alcuni esuli cileni della dittatura militare di Pinochet, sappia raccontare la storia più grande del paese andino e alcune dinamiche del continente sudamericano; un archivio digitale , che contenga materiali di fondi archivistici e una collettanea dei molti documenti digitalizzati che si ritrovano in rete, su siti personali o di associazioni e gruppi; oltre che una pagina di approfondimenti storici sul Cile e l’America Latina.
L’idea di questo progetto nasce da un obiettivo preciso: indagare i meccanismi di costruzione della memoria storica, interna a un paese latinoamericano dopo la dittatura militare, attraverso gli sguardi particolari degli intervistati, che sono sia protagonisti di quelle vicende che fonti storiche. Al tempo stesso, facendo analizzare direttamente a loro il problema in questione, aprire un possibile campo di ricerca, ancora da esplorare, relativamente a cosa sia stata la resistenza al regime e cosa ha comportato il compromesso del dopogiunta nel periodo detto della “transizione” (1988-1991). La costruzione dei “patti dell’oblio” e della pacificazione in paesi usciti da feroci dittature militari in modo controverso rivela effetti visibili tutt’oggi sui sistemi politico-sociali e soprattutto sui meccanismi della memoria collettiva.
Il prodotto finale vuole ridare dignità e centralità a storie poco conosciute, esemplificative di un fenomeno collettivo (la repressione, la resistenza, l’esilio, il ritorno) che ha riguardato circa 1 milione di profughi politici nei 17 anni della dittatura; profondamente intrecciate con la storia del nostro paese, riaprendo un dibattito sugli anni di Pinochet e del ritorno della democrazia, oggi normalizzati anzitutto nella memoria cilena.
I principi a cui ci siamo ispirati in questo lavoro sono quelli della storia orale e della public history: costruire una contronarrazione rispetto a quella mutilata o pacificata a fini di abuso pubblico della storia, partendo dalle parole di chi, pur avendo dato tutto per l’emancipazione sociale del proprio popolo, prima, e alla resistenza al terrore di Stato pinochetista, poi, si è ritrovato afono o silenziato. Lo facciamo lavorando con i testimoni, la storia è costruita assieme a loro e alla loro comunità, in Italia così come in patria.
GLI EPISODI-INTERVISTE:
Lucy, “Mecha”, “Mono”. Ognuno proveniente da un’organizzazione politica diversa della sinistra e da luoghi diversi del paese, racconta un segmento della società cilena negli anni Sessanta, attraversata da un fermento che porterà all’elezione storica nel 1970 del socialista Salvador Allende e al governo di Unidad Popular. Con il golpe, tutti e tre sono costretti a fuggire: chi poco dopo, chi invece dopo un durissimo periodo di clandestinità, nel tentativo di portare avanti una lotta impossibile contro la giunta militare e il suo terrore di Stato. Tutti e tre passano dall’ambasciata italiana di Santiago, tutti e tre arrivano in Italia. Qui inizia il loro esilio, destinato a non avere fine.
Cosa succede in un paese dove la dittatura militare non cade, ma abdica, scegliendosi le regole di successione? Come viene costruita la memoria storica delle giovani generazioni, se le vecchie opposizioni accettano il compromesso per il ritorno alla democrazia? Che rapporto c’è tra le vecchie generazioni allendiste e le nuove che crescono sotto la dittatura e scelgono vie più radicali di opposizione? Da questo punto di vista, la loro storia si intreccia con quella dell’intero continente “desaparecido”.
LAVORO DI SQUADRA:
Sopra il vostro settembre è un lavoro di squadra: coordinato da Elio Catania, giovane storico che ha compiuto i suoi studi e la sua formazione tra Milano e Modena, supportato dall’Associazione Lapsus di cui è membro e in parte realizzato all’interno del Master di Public History dell’Università di Modena e Reggio Emilia, sono molte le figure professionali che vi contribuiscono: grafici e disegnatori, sviluppatori web, registi e videomaker, musicisti.
Musiche, montaggio, sito web, logo, illustrazioni grafiche: senza le competenze di chi ci ha lavorato e ci lavora, la comunicazione storica di questo progetto sarebbe infinitamente meno efficace. Quindi un grazie a loro e a voi che ci sostenete e rendete possibile il nostro lavoro.
IL CROWDFUNDING
Il progetto è stato finanziato con una campagna di crowdfunding sulla piattaforma produzionidalbasso.com e ha ottenuto il sostegno di 80 persone per un contributo complessivo di oltre 3000 euro. Con questa importante somma abbiamo intenzione di sostenere le spese del sito e il suo mantenimento nel tempo, realizzare nuove interviste e ampliare l’archivio digitale.
In occasione del primo convegno nazionale di Public History che si terrà a Ravenna dal 5 al 9 giugno presenteremo il nostro lavoro ‘900 criminale – mafia, camorra e ‘ndrangheta, itinerario multimediale sull’evoluzione della criminalità organizzata dalle origini alla globalizzazione. Il convegno sarà la prima occasione italiana in cui tutte le realtà come Lapsus impegnate a vario titolo nei progetti di Public History si potranno incontrare in un’unica sede per confrontarsi. In quell’occasione nascerà anche la Associazione Italiana Public History.
Eravamo stati selezionati anche per tenere un panel insieme ad alcuni relatori dell’Università di Lincoln impegnati nel progetto International Bomber Command Centre ma purtroppo a causa di alcuni problemi tecnici non è stato possibile programmarlo.
Per il programma completo dei 5 giorni rimandiamo al sito ufficiale della costituenda AIPH.